Betulia liberata: la storia di Giuditta nelle interpretazioni di Mozart e Jommelli

venerdì, 02 Luglio 2010

Il progetto sulla ‘Scuola Napoletana’ intrapreso da Ravenna Festival e dal Festival di Salisburgo nel 2007 incrocia per la prima volta direttamente il genio di Wolfgang Amadeus Mozart che, dopo Niccolò Jommelli, ha musicato il testo di Pietro Metastasio ‘Betulia liberata’.

Riccardo Muti, sul podio della ‘sua’ Cherubini, dirigerà infatti la ‘Betulia liberata’, sia nella versione di Mozart: ‘azione sacra in due parti’ ; sia nel precedente ‘Oratorio per 4 voci, coro e strumenti’ di Jommelli. L’opera andrà in scena al Teatro Alighieri venerdì 2 luglio alle 20.30 (repliche il 4 e il 6 luglio alla stessa ora). Il concerto avrà come palcoscenico la basilica di S. Apollinare in Classe (lunedì 5 luglio, ore 21).

“Il fatto che a soli 15 anni Mozart sia stato in grado di mettere in musica uno straordinario discorso sull’essenza di Dio – commenta Riccardo Muti – con la stessa profondità che si può cogliere nelle opere di Sant’Agostino, ci aiuta a comprendere il genio di un adolescente che del mondo aveva già capito tutto”. E’ sul lungo recitativo accompagnato posto in apertura del secondo atto, che Riccardo Muti si sofferma nel descrivere l’azione sacra ‘Betulia liberata’. Un’opera che, nella doppia lettura di Mozart e Jommelli, segna un nuovo tassello del progetto di riscoperta della Scuola Napoletana del Settecento intrapreso da Muti giunto alla quarta edizione, con la costante presenza dell’Orchestra Giovanile ‘Luigi Cherubini’.
E’ stata la prima volta che a Salisburgo questa giovanile partitura di Mozart (composta nel 1771) è stata presentata in forma scenica nonché la prima volta che ad essa è stato affiancato l’omonimo oratorio di Niccolò Jommelli. Le due recite hanno raccolto consensi entusiastici di pubblico e critica appunto durante il festival di Pentecoste.

“L’opera di Jommelli – ricorda il maestro – è l’espressione di un grande ingegno musicale: ci fa capire che quando Mozart ha composto la propria ‘Betulia’ era sicuramente a conoscenza di quella del maestro napoletano. Lo si intuisce dal modo e dalla misura in cui utilizza i recitativi accompagnati e il coro: il che, ancora una volta, ci conferma la grande influenza della musica italiana e in particolare della Scuola napoletana sui compositori d’oltralpe e, appunto, sullo stesso Mozart”. Non basta: “In ‘Betulia’ – aggiunge – si intravede il respiro dei grandi recitativi del Don Giovanni e già l’Ouverture, in quel re minore tipicamente mozartiano, porta con sé tutto il travaglio delle opere drammatiche della maturità. La scrittura orchestrale poi è finissima e alle voci sono richieste grandi capacità virtuosistiche ed espressive”.
Il soggetto scelto è quello biblico di Giuditta e Oloferne, reso celebre dagli innumerevoli pittori che su di esso si sono cimentati, da Donatello a Tiziano: la coraggiosa donna israelita che entra nell’accampamento dei nemici assiri e uccide il loro condottiero, Oloferne appunto, mozzandogli la testa, per restituire la libertà al proprio popolo. Il riferimento, dunque, è al libro apocrifo di Giuditta, nel Vecchio Testamento. Un’azione tradotta nel linguaggio librettistico da Pietro Metastasio e, come tutti i suoi drammi, utilizzata da innumerevoli compositori (dal 1734 fino al 1805 se ne contano circa 40 versioni), ma pressoché sconosciuta al moderno popolo teatrale.

“La sostanza drammatica dell’opera di Mozart – conclude Riccardo Muti – sta proprio nel rapporto che lega la musica al testo, è lì che risiede la chiave interpretativa della sua scrittura: e il libretto di Metastasio è perfetto. Del resto si tratta di uno fra i massimi poeti della lingua italiana, ingiustamente trascurato dalla scuola, che invece andrebbe studiato perché testimonia della straordinaria ricchezza della nostra lingua, quella ricchezza che sempre più si è andata perdendo”. Vale la pena ricordare come Pietro Metastasio scrisse il testo nel 1734 per la corte viennese: infuriava la guerra di successione polacca e l’esercito di Carlo VI d’Asburgo era stato sbaragliato in territorio italiano. Serviva, quindi, un’azione ‘sacra’ di propaganda, ed ecco la scelte delle gesta bibliche di Giuditta che libera la città di Betulia dalla minaccia assira. La genesi dell’opera ricorda come Mozart ricevette la commessa durante il suo primo viaggio in Italia, che fece in compagnia del padre. O perlomeno è quanto si evince da una lettera da Vicenza del padre Leopold datata 14 marzo 1771. Il committente era un nobile, Giuseppe Ximenes Principe d’Aragona, la cui residenza ospitava spesso accademie musicali. Gli studiosi però attestano come la ‘Betulia liberata’ di Mozart non è mai stata rappresentata con il compositore ancora in vita.

L’oratorio di Niccolò Jommelli era stato ultimato già nel 1743; in quell’anno il compositore napoletano divenne maestro di cappella nel celebre Ospedale veneziano degli Incurabili grazie alla raccomandazione di Johann Adolf Hasse, caposcuola tedesco che aveva eletto l’Italia a propria patria.

Nella Betulia mozartiana all’Orchestra Cherubini si uniranno le voci del prestigioso Philharmonia Chor Wien, diretto dal maestro Walter Zeh; l’interpretazione dei ruoli in palcoscenico sarà affidata a un giovane cast di cantanti: al tenore Michael Spyres (Ozìa), al contralto Alisa Kolosova (Giuditta); ai soprani Marta Vandoni Iorio (Amital), Barbara Bargnesi (Cabri) e Arianna Vendittelli (Carmi), e al basso Nahuel di Pierro (Achior).
La regia è di Marco Gandini, le scene di Italo Grassi, i costumi di Gabriella Pescucci e le luci di Marco Filibek.

L’opera in scena all’Alighieri si avvale del prezioso contributo di NaplEST ‘viva napoli vive’ e di Koichi Suzuki.