Riccardo Muti dirige la Cherubini nel Falstaff dei luoghi verdiani

lunedì, 20 Luglio 2015

Teatro Alighieri 23, 25 e 26 luglio ore 20.30

La XXVI edizione di Ravenna Festival si concluderà con la messa in scena di Falstaff di Giuseppe Verdi che avrà come protagonista Riccardo Muti, alla guida della Cherubini, nel suo unico appuntamento italiano del 2015 con l’opera (23, 25 e 26 luglio ore 20.30 al Teatro Alighieri). Il capolavoro che chiude la parabola creativa del maestro di Busseto, sarà proposto nel fortunato allestimento ideato da Cristina Mazzavillani Muti nell’ambito delle produzioni realizzate da Ravenna Festival per il bicentenario verdiano – ora punta di diamante tra gli eventi della Regione Emilia Romagna per Expo 2015 – che ambienta l’opera nei luoghi verdiani: la casa natale di Roncole, il teatrino di Busseto e Villa Sant’Agata, con la sua facciata “giallo Parma” e il suo grande parco, luoghi che rivivono in scena attraverso la magia di proiezioni con le immagini catturate dagli scatti fotografici di Miriam Anconelli, Luca Concas e Martina Zanzani del progetto VerdiWeb promosso dal Festival. Dando così ideale seguito all’indicazione dello stesso Verdi che la compose nel ritiro di Sant’Agata, “per piacer mio e per conto mio”, e che in quelle stanze avrebbe voluto rappresentarla: “la vastità della Scala nuocerebbe all’effetto”. E, come si è detto, proprio in quelle stanze, tra gli alberi del rigoglioso giardino, tra le nebbie dei “suoi” paesaggi, che tratteggiano la caleidoscopica e virtuale scena, si muoveranno i personaggi di questo Falstaff. Cercando quella raffinata lievità che sola può esprimere questo disincantato addio al mondo e al gioco della vita.

È profonda la sintonia che lega Riccardo Muti all’ultima straordinaria opera di Verdi: “Potrei dirigere Falstaff ogni sera, immergersi in essa significa vivere in uno stato di gaudio totale. Perché dentro c’è la nostra vita, ciascuno può trovarvi un pezzo di se stesso, vanità, debolezze, narcisismo, intrighi, l’amore vissuto nella sua forma più fresca e intensa…”. Un’opera che arriva pochi anni dopo Otello, ripetendone il prodigio, nel 1893, ancora al Teatro alla Scale e ancora con la collaborazione di Arrigo Boito in qualità di librettista. Alla prima, il pubblico – in sala c’erano Carducci, Giacosa, Puccini, Mascagni, Leoncavallo – resta stupito ed entusiasta nell’assistere alla svolta comica di un Verdi sulla soglia degli ottant’anni. Verdi, infatti, spiazza tutti: su un libretto sofisticatissimo e ricco di giochi di parole, l’ironia e lo sguardo sereno di un quasi ottuagenario gli permettono di evitare i numeri chiusi, di giocare con sublime leggerezza fino ad autocitarsi, e di terminare la sua carriera di operista con una fuga intonata sui versi “Tutto nel mondo è burla” che è il suo congedo a se stesso, al mondo, ai critici e al proprio pubblico. L’attenzione del compositore non cade più su un singolo dramma, ma va ad appuntarsi sul goffo e panciuto cavaliere che compare in numerosi lavori di Shakespeare, in particolare nell’Enrico IV e ne Le allegre comari di Windsor dai quali discende anche la dimensione fantastica e onirica, tipica del teatro elisabettiano, che innerva la mascherata del terzo atto. Dopo la prova acerba e non felice di Un giorno di regno, è dunque la prima volta – ed anche purtroppo l’ultima – che Verdi affronta il genere comico, e lo fa non cercando di rinverdire la gloriosa tradizione buffa del passato, ma dando vita ad una commedia lirica che, ruotando appunto attorno al vanaglorioso personaggio shakespeariano, appare intrisa di un disincantato umorismo. E nella quale, soprattutto, dà prova di una vena creativa che, nella agiata quiete di Sant’Agata, ha saputo assimilare la grande lezione strumentale classica (Mozart, Beethoven, Schubert…) per declinarla secondo uno stile inedito in cui la maturazione artistica e quella interiore trovano la sintesi suprema. Le passioni di sempre, amore, attrazione, gelosia… sono osservate e vissute con la bonaria ironia di chi può guardare alle miserie umane da una posizione di compiaciuto distacco.

Riccardo Muti, prestigioso ambasciatore della cultura italiana nel mondo (da 44 anni è ospite fisso al Festival di Salisburgo, direttore musicale della Chicago Symphony Orchestra dopo 19 anni alla Scala, nel corso della sua straordinaria carriera ha diretto e dirige le più importanti orchestre del mondo, dai Wiener – di cui è membro onorario – ai Berliner Philharmoniker, dalla New York Philharmonic all’Orchestra National de France, alla Philharmonia di Londra), incarna quella visione del sapere musicale che da Giuseppe Verdi, passando per Arturo Toscanini e Antonino Votto (che di Muti è stato maestro), si trasmette oggi ai giovani musicisti della Cherubini e agli allievi della Accademia per direttori d’orchestra e maestri collaboratori che ha fondato. Un’accademia, la cui prima masterclass, dal 10 al 21 luglio al Teatro Alighieri, è stata appunto incentrata sul Falstaff, profilandosi come la naturale prosecuzione dell’attività didattica di Riccardo Muti, che in questi anni ha più volte manifestato il desiderio di insegnare ai giovani ciò che ha “ricevuto” dai propri maestri.

In buca la Cherubini, fondata da Muti nel 2004, orchestra formata da giovani strumentisti, tutti sotto i trent’anni e provenienti da ogni regione italiana, selezionati attraverso centinaia di audizioni (ogni tre anni a rotazione tra i diversi strumenti) da una commissione costituita dalle prime parti di prestigiose orchestre europee e presieduta dallo stesso Muti. In questi anni, sotto la direzione del suo fondatore ha percorso un repertorio che spazia dal barocco al Novecento, alternando ai concerti in moltissime città italiane importanti tournée in Europa e nel mondo nel corso delle quali è stata protagonista, tra gli altri, nei teatri di Vienna, Parigi, Mosca, Salisburgo, Colonia, San Pietroburgo, Madrid, Barcellona e Buenos Aires. In agosto la Cherubini sarà impegnata in Ernani al Festival di Salisburgo, mentre nel 2016 è prevista, tra gli altri appuntamenti, una “missione” a Tokyo – sempre con Riccardo Muti – in occasione del 150° Anniversario dell’Amicizia tra Italia e Giappone.
I protagonisti vocali sono: Kiril Manolov nel ruolo di Falstaff; Federico che veste i panni del geloso Ford e Eleonora Buratto in quelli della moglie Mrs. Alice Ford. La coppia innamorata Nannetta-Fenton è interpretata da Damiana Mizzi e Giovanni Sebastiano Sala. Completano il cast Anna Malavasi, Mrs. Meg Page, Isabel De Paoli, Mrs. Quickly, Giorgio Trucco, Dottor Cajus, Matteo Falcier, Bardolfo e Graziano Dallavalle, Pistola. Il team creativo della produzione è lo stesso, oramai consolidato, che lavora al fianco di Cristina Mazzavillani da anni, composto da specialisti come il light designer Vincent Longuemare, il visual designer Davide Broccoli, lo scenografo Ezio Antonelli e Alessandro Lai per i costumi. Il Coro è quello del Teatro Municipale di Piacenza preparato da Corrado Casati.

Dopo le recite al Teatro Alighieri, realizzate con il contributo di Gruppo HERA e VENINI, Ravenna Festival ed il Falstaff si trasferiranno in Spagna dove l’opera di Verdi, sempre diretta da Riccardo Muti, sarà rappresentata il 31 luglio e l’1 agosto al Teatro Campoamor di Oviedo.