Vadim Repin dirige la Cherubini nel Gala Concerto che inaugura Ravenna Festival
La XXV edizione di Ravenna Festival apre giovedì 5 giugno (alle 21.30) al Pala De Andrè con il Gala di danza-concerto ‘Pas de deux for Toes and Fingers’. Un quarto di secolo di grandi emozioni e meraviglie sotto il segno della creatività e dell’invenzione artistica e senza conoscere frontiere o limiti geografici, per un evento raffinato e allo stesso tempo popolare, tra filologia e visionarietà, tradizione e ricerca e sperimentazione. Un percorso iniziato l’1 luglio 1990 e che si è snodato intrecciando idee e fratellanze, all’insegna della qualità e di appuntamenti esclusivi. Così, la venticinquesima edizione di Ravenna Festival – che si soffermerà anche sui cent’anni dello scoppio della prima guerra mondiale – non poteva che aprirsi con uno spettacolo esclusivo e inedito per l’Italia, nel perfetto equilibrio di due linguaggi universali come la musica e la danza: il Gala Concerto ‘à la russe’ intitolato ‘Pas de deux for Toes and Fingers’, protagonisti assoluti due artisti straordinari come Svetlana Zakharova, étoile del Bolshoi di Mosca, e Vadim Repin, violinista e direttore d’orchestra, coppia nella vita e nell’arte.
Sul palcoscenico, insieme a Svetlana e Vadim, direttore e solista dell’Orchestra Giovanile Luigi Cherubini, Antonin Barakovskij (primo violino dell’Orchestra Sinfonica della Radio Bavarese), Vjačeslav Lopatin e Andrej Merkur’ev (étoiles del Teatro Bolshoi di Mosca), Vladimir Varnava (ballerino e coreografo del Teatro Mariinskij) e Dmitrij Zagrebin (solista del Balletto del Teatro Stanislavskij di Mosca). Lo spettacolo è stato realizzato grazie al prezioso contributo di Eni.
Svetlana Zakharova, eccelsa ed acclamatissina ballerina russa, cresciuta al Mariinskij di San Pietroburgo, dove diventa ben presto ‘zarina’; poi incontrastata protagonista del Bolshoi, è oggi un’artista sempre più curiosa e culturalmente spregiudicata. A Mosca, metropoli cosmopolita dove si incrocia l’intellighenzia russa, l’incontro con il violinista Vadim Repin – “il migliore e più perfetto violinista mai udito” secondo Yehudi Menhuin – ha dato vita a una fra quelle coppie di vita e di scena che scandiscono, illuminandola, la storia artistica del paese, amate e onorate dal grande pubblico. Il cuore del programma proposto al Pala De André è caratterizzato dall’interesse di Svetlana per la coreografia contemporanea e dal desiderio di cimentarsi in momenti ‘propri’ ed esclusivi. Dopo il debutto a Mosca del primo spettacolo che portava il suo nome il Gala ha preso e continua a prendere tante forme quanti sono stati e saranno i palcoscenici dove viene presentato. E, dopo sei anni di rappresentazioni in giro per il mondo, con programmi che si possono ormai definire ‘d’autore’ e accanto ai danzatori russi più in vista, affermati o emergenti, è arrivato il momento per il Gala di Svetlana Zakharova di assumere la forma più eccezionale, quella che vede co-protagonista il marito Vadim Repin.
Incrociati i rispettivi repertori la ballerina e il violinista hanno composto un programma di miniature coreografiche e musicali che sono pièces de résistance per ognuno, tutte intimamente percorse da quell’amorevolezza reciproca che mette il partner nella luce migliore. A partire dal brano che ne è il cuore: ‘La morte del cigno’, in cui i languori del coreografo Mikhail Fokine, estenuati dall’interpretazione di Svetlana, acquistano nuovi bagliori grazie all’esecuzione rapinosa di Vadim Repin dei capricci di Camille Saint-Saëns. Per l’étoile, che non la intende come una composizione classica bensì come l’inizio della coreografia moderna, è un assolo che racchiude tutta una vita, dall’inizio alla fine.
Sospinta dall’Adagio di Tomaso Albinoni, riscritto per il violino cantabile di Vadim Repin, esce la natura delicatamente astratta di Zakharova in ‘Distant Cries’, soave sinfonia di linee e palpiti. Nato da un felice incontro con Edwaard Liang, il duo (con lei Andrej Merkur’ev) ha preso forma con naturalezza: il coreografo americano di origini taiwanesi, ricorda l’étoile, le ha spiegato il significato della composizione e ha rimodellato su di lei la coreografia. Peccato, ha aggiunto, che non sia stata creata per lei, ma la rende felice sapere che molti spettatori abbiano trovato nella sua interpretazione un senso nuovo, mai scorto prima.
‘Plus. Minus. Zero’, che affida al violino di Vadim Repin gli scabri ed ineffabili tintinnii del ‘Fratres’ di Arvo Pärt, sigla un nuovo legame artistico con il giovanissimo coreografo russo Vladimir Varnava. Casuale il loro incontro: l’étoile restò colpita da alcune sue miniature composte per i ballerini del Mariinskij, delle quali apprezzò la vena surreale dai tratti ironici, la plasticità del movimento e l’originalità compositiva. Il coreografo e la ballerina avevano immaginato un numero diverso da quello che che viene proposto ma, come accade nella vita, tutto è cambiato, portandoli infine a condividere la scena. Con una piccola storia da raccontare: un uomo e una donna legati, benché ognuno viva la propria esistenza, lui preso dalla routine, lei persa nelle sue frivolezze.
Vadim Repin, oltre al ‘Concerto per violino e orchestra d’archi n. 1 in re minore’ di Felix Mendelssohn ha scelto per sé una manciata di brani che per timbri e virtuosismi intrecciano legami con la danza, quali ‘Tambourin chinois’ op. 3 di Fritz Kreisler, ‘Csárdás’ di Vittorio Monti, ‘Estrellita’ di Manuel Maria Ponce. Nel ricco programma anche il Concerto per due violini (Repin e Barakovskij) e orchestra in re minore di Johann Sebastian Bach.
Il violinista russo lascia la scena solo per un brano di derivazione cinematografica, firmato da John Williams, ‘Revelation’, che con la coreografia della giapponese Motoko Hirayama è diventato l’emblema contemporaneo di Svetlana Zakharova, in ideale dittico con ‘La morte del cigno’. Sembianze da Sonnambula balanchiniana, la ballerina russa è particolarmente legata a questo assolo, eseguito così tante volte che vedere in camerino quella piccola sedia azzurra che porta sul palco e che l’ha accompagnata in giro per il mondo, la rassicura. Quando vide il brano in Giappone le piacque molto e pensò che, se fosse stato suo, avrebbe danzato per la prima volta scalza. Era un numero creato dalla coreografa per sé, ma che l’étoile sente di aver ormai fatto proprio. Ogni volta, confida, le succede di inventare e raccontare una propria storia, sempre diversa: ne ha visione appena prima di entrare iniziare, quando ha già il braccio teso nella prima posa della coreografia. E rivela anche che durante l’esecuzione le capita di provare così tante emozioni che quasi esplodono; altre volte invece si chiude in se stessa, o le viene voglia di piangere. Tuttora non capisce perché succeda, forse è la musica a toccarla nel profondo, a indurle pensieri intensi e slanci emotivi; e in quei sette minuti soffre profondamente, benché alla fine si faccia luce in lei la speranza di un cambiamento.
L’inedito trio La Ronde des lutins, donato dal ballerino danese Johan Kobborg, riporta in scena Vadim Repin, a regalare l’indiavolato ‘Scherzo fantastico, op. 25’ di Antonio Bazzini. Svetlana Zakharova vi appare nell’insolito ruolo di un folletto, deliziosamente femminile nonostante il costume à la garçonne, assediata per gioco da due partner (Lopatin e Zagrebin) capaci di eseguire ogni prodezza tecnica pur di attirare la sua attenzione, ma che nulla possono contro il gioco di sguardi e l’amorevole intesa tra la ballerina e il violinista. Intime corrispondenze aleggiano tra i due artisti sulla scena, la travalicano e arrivano al pubblico con l’autenticità della vita.